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Gen

PREPARIAMOCI

Quando mi preparo ad un progetto parto dal presupposto che le persone che abiteranno lo spazio che svilupperò potrebbero comportarsi in maniera diversa rispetto alle mie previsioni; potrebbero lavorare, usare, vivere lo spazio in modo differente rispetto a quello che avevo previsto, potrebbero valutare diversamente le cose rispetto a me.. e tutto questo deve essere rispettato.

Non creo uno spazio per gratificarmi; creo uno spazio che deve gratificare le persone che lo abiteranno. Sarebbe un fallimento ignorare i loro bisogni e le loro necessità.

In un progetto, ho sempre bisogno di tempo. Tempo per osservare, per cercare di capire, per elaborare, per “digerire”, per riaprire le idee gettate vie perché “non abbastanza”, o per gettare via le idee che mi sembravano buone.

Potrei affermare che la quasi totalità delle persone, al primo sopralluogo, mi chieda “ma lei qui come farebbe?” oppure “ma lo toglierebbe questo muro?” “ Che idee le vengono in mente?, così… a prima vista..”.

Rispondo che devo pensarci, che dobbiamo parlarne, che devo capire, studiare, che il progetto non posso improvvisarlo, perché sarà per loro e solo per loro.

Spesso avverto una smorfia di delusione nel volto dei miei nuovi incontri. E la comprendo.. davvero, perché in quei metriquadri ci sono le loro speranze, i loro sogni, le loro priorità che presuppongono delle loro rinunce.

E quei muri non sono solo più muri, diventano altro, si riempiono di tutte le cose belle che vorremmo per il nostro futuro.

E’ sempre come ricominciare una  nuova vita, come poter essere da lì in poi una persona diversa, non migliore o peggiore, “solo” diversa. E’ come se, cambiando casa, ci dessimo la possibilità di essere sempre noi, ma anche diversamente noi. Come se ci dessimo un’altra possibilità.

E partecipare a questa bellezza della vita mi commuove. Capisco un po’ più del mondo e un po’ più di me.