ASPETTANDO IL MIO PRIMO VIDEO
So che non si inizia una frase con Allora, ma proprio non riesco a farne a meno.
Allora: come è possibile che siano due mesi che provo a fare dei video con la mia improbabilissima videocamera per ascoltare ed affrontare il tema dell’abitazione e che ci sia sempre qualcosa che va storto?
Chi crede al fato mi dice che non è destino che faccia il mio primo video. C’è chi mi ha consigliato di continuare a “fare l’architetto”, che è meglio, come direbbe Grande Puffo.
Fatto sta che il mio primo video, che ancora non potete vedere per ovvi motivi di incapacità personale, ha avuto questo sviluppo:
- prendo la videocamera: ovviamente non ha le pile funzionanti. Cambio pile. (Quelle esaurite a distanza di due mesi sono sempre sul mio camino perché non so dove smaltire quattro stilo!);
- decido chi intervistare, cosa chiedere, dove fare le interviste. Oltre, ovviamente, ad aver sbagliato lo sfondo e la luce ottimale per le riprese, la videocamera impazzisce e quando riguardo le registrazioni sembrano rifarsi ai primi video trasmessi in tv, un po’ sfocati, un po’ tremanti, con un “bbbzzzzz” di sottofondo;
- idea! La videocamera che mio marito usa per riprendere i pesci sott’acqua potrebbe essere perfetta per il mio scopo! Faccio dieci interviste. Belle. Sono felice. Ci sono riuscita. Le scarico sul pc. Sei su dieci sono mute. Mentre registravo devo aver premuto qualche tasto sbagliato.
Come reazione normalmente mi scoraggio. Sapete… No? Ci sono quelli che di fronte a una difficoltà si arrabbiano, altri che si danno tutte le colpe del mondo e dell’universo. Ecco, io sono una di quelle che inizia lo sciopero della parola per un paio di giorni. Non voglio più sentire nominare i video, né parlare con chi li fa di professione. Poi fra qualche giorno so che farò pace con questo benedetto strumento e ci riproverò.
Lo so, ognuno il suo lavoro. Ma queste interviste mi servivano come strumento per indagare l’abitare, per ascoltarla questa gente.
Qual è il posto dove ti sei sentito meglio nella tua vita? E cosa vorresti ritrovare di quel posto nei luoghi in cui vivi adesso?
Dove ci sentiamo a casa? Accolti, ascoltati, protetti, al sicuro? C’è mai stato un luogo o un momento in cui ci siamo sentiti così?
Anche se non ho le interviste da mostrarvi, posso dirvi che ho accolto diverse questioni comuni agli intervistati su cui vorrei soffermarmi per prenderle in considerazione nei progetti che dovrò affrontare, tenendo presente che “i luoghi non controllano le emozioni, ma le influenzano” (Russel and Snodgrass 1987).
- L’importanza dell’acqua. A mia figlia ho insegnato a chiamarla anche con il secondo nome “oro blu”. Avere delle fonti di acqua all’interno o all’esterno della casa è come avere zampilli di energia, che ionizzano l’aria e creano un rigenerante suono di fondo. Nella pratica del Feng Shui, ad esempio, l’acqua è un elemento legato all’abbondanza, alla ricchezza, alla comunicazione.
- L’importanza del verde. La natura riesce ad influenzare il corpo e la mente, in un processo di acquisizione di tranquillità ed equilibrio, tanto da aiutare addirittura nei processi di guarigione (ricordo i giardini terapeutici). Fare entrare la natura all’interno dell’architettura e attivare un dialogo con essa significa entrare in relazione con spazi e trasformazioni che consentono di assumersi delle responsabilità, prendendosi cura di sé. E poi significa anche lavorare con le (proprie) radici, seminare, aspettare, raccogliere. Senza contare i benefici importantissimi sulla qualità dell’aria, sulla qualità termica ed acustica.
- L’importanza della socialità e della solitudine. Anche se siamo animali sociali, si ha bisogno di momenti e/o spazi dove siamo soli, per riflettere su eventi, concentrarci sulla risoluzione di problemi, in cui ci si riallinea con il proprio respiro mentre tutto intorno parla.
- L’importanza della visuale aperta. Nell’accezione di avere di fronte a sé uno sguardo che va oltre la propria casa e oltre le proprie posizioni. Avere uno spazio aperto conduce lo sguardo all’immaginazione, alla libertà, all’orizzonte che non è confine.
- L’importanza del tempo. Abbiamo sempre bisogno di tempo. Tempo per capire chi vogliamo essere, tempo per essere da un’altra parte, in un altro tempo. Sfugge dalle mani, così impalpabile.
Naturalmente dalle interviste sono emerse anche molte diversità che rendono ogni individuo unico e irripetibile; diversità che dipendono dalla cultura, dal momento, dalla storia vissuta. Dai sogni e dai bisogni. Dalle rinunce e dalle battaglie perse e quelle vinte.
Spero di fare pace presto con la mia videocamera e con il lavoro di un bravo film maker entreremo insieme nella dimensione di come vorremmo abitare il mondo.
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